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15 luglio, 2019

L'avvento della moda green, un modo tutto nuovo di concepire lo stile

Anche se si stenta a crederlo, l'industria tessile è la seconda più inquinante al mondo. In un'era in cui si ricerca una risposta eco-sostenibile alle necessità che caratterizzano la vita di tutti i giorni, la moda mira a ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel panorama delle aziende green.

Rendere sostenibile il settore della moda non è cosa da nulla: si va incontro a due grandi problematiche che da sempre caratterizzano il mercato dello stile. Gli indumenti che compriamo sono altamente deteriorabili e ciò crea un primo ovvio problema di smaltimento dei materiali. E il deterioramento porta, inevitabilmente, all’aumento della domanda e al susseguente incremento della produzione.

Questo tragico elementare gioco di domanda ed offerta sta raddoppiando negli anni l'energia prodotta nella creazione di indumenti. Ciò che infatti concorre ad aumentare l’inquinamento non è solo l'utilizzo o il mancato riciclo degli articoli che consumiamo ma l'energia e le materie prime che impieghiamo nel produrli.

Per realizzare, ad esempio, una T-shirt di cotone vengono utilizzati 2.700 litri d'acqua e prodotti 10 chili di CO2. A cui devono essere necessariamente aggiunti imballaggio e trasporto. Si stima che nel 2030 (in seguito ad un incremento previsto del consumo dell'abbigliamento pari al 65%) ci sarà un aumento del 49% dell'utilizzo di acqua e di agenti chimici, il 63% di emissioni in più e una produzione di rifiuti più alta in generale del 61%.

Sempre maggiori sono le società che cercano di abbattere lo sfruttamento delle risorse nella produzione di indumenti. Tante le startup nate con questo obiettivo, in aumento le grandi aziende che puntano a certificazioni green. H&M ha stabilito una drastica riduzione delle emissioni di CO2 a partire dal 2030 e fissato nel 2040 l’”anno di non ritorno” per diventare climate positive attraverso l’utilizzo di cotone biologico e materiale riciclato.

Il gruppo Kering (che annovera al suo interno tra gli altri Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta) ha stabilito il 2025 come obiettivo per la riduzione del 40% di emissioni di gas serra e, dal 2013, ha al suo interno un laboratorio nel quale lavora alla sperimentazione di più di 3000 tessuti innovativi. Il gruppo LVMH (con nomi come Louis Vuitton, Dior, Celine, Fendi) si sta concentrando sul packaging (il confezionamento di un prodotto, un enorme spreco dal punto di vista ambientale. La sua caratteristica principale è essere usa e getta!), che è stato ridotto del 60% nelle sue misure per molti prodotti del gruppo.

Sono nate poi Ong che sostengono e finanziano le nuove startup ecosostenibili. Una di queste è la Fashion for Good (Amsterdam), che, vantando collaborazioni con grandi marchi quali Adidas, Kering e Group Lafayette, supporta le giovani iniziative e propone le innovazioni che ne nascono ai propri collaboratori. Fashion for Good assolve anche ad un fondamentale compito di educazione al consumo, conducendo il cliente attraverso un percorso di conoscenza che mostra quanto viene impiegato, in termini ambientali, nella costituzione di un capo di abbigliamento. Fornisce, infine, un vademecum di comportamenti da adottare per diventare eco-friendly.

Anche il brand Stella McCartney fa sentire decisamente la sua voce portando la nuova brezza culturale all’ingresso di una parata di un collettivo studentesco di Milano. “We are the weather” il monito adottato dalla manifestazione in cui hanno sfilato 36 nuove composizioni della stilista, realizzate con cotone organico, viscosa sostenibile, nylon e poliestere riciclato. L’obiettivo è quello di creare una circular economy anche nella moda con il 64% dei capi ricavati da materiali riciclati.

Al coltempo in Italia, in occasione della manifestazione Pitti Immagine Uomo 96, sono state presentate 5 capsule collection sostenibili. Con il progetto “The Times In NowIED, il Consorzio Italiano Implementazione Detox e Greenpeace Italia hanno portato la moda ecosostenibile fra gli alti ranghi del glamour.

Educazione ed ecosostenibilità insieme in un progetto che mira a cambiare il futuro investendo nella formazione di una nuova generazione di stilisti e designer ecologicamente consapevoli. “Formare i progettisti della moda del futuro con competenza e passione è da sempre la nostra missione", ha dichiarato Sara Azzone, Direttrice IED Moda Milano. "The Time Is Now! è un lavoro corale di studenti provenienti da vari paesi e da sedi diverse di IED che cercano, attraverso le loro progettazioni, di proporre un loro punto di vista alla moda del futuro", continua Paola Pattacini, Direttrice IED Moda Roma.

Come non citare anche la Camera Nazionale della Moda Italiana, fortemente impegnata nella ricerca di best pratices volte a perseguire i principi dell’economia circolare quali, in particolare, le iniziative dei Green Carpet Awards e della Round Table ecosostenibile.

Rubando il pensiero a un grande uomo di un passato recente, Nelson Mandela, l'educazione è l'arma più potente che si può usare per cambiare il mondo.

Giovanni Bozzetti