La Cina guarda all’Italia per la salvaguardia dell’ambiente.
Per superare le sfide ambientali globali che ci attendono, sempre più Paesi esteri guardano oggi al nostro. Può suonare strano immaginare l’Italia come un modello di un’imprenditoria sostenibile e di uno sviluppo attento all’ambiente, quando da Torino a Padova, passando per Milano, le nostre città sono sature di smog e pericolosamente inquinate. Ed invece l’Italia è vista oggi, anche grazie al rapporto di Cooperazione Italia-Cina avviato nel 2000 per la protezione ambientale, come un’eccellenza tecnologica sia nel settore dello sviluppo sostenibile e delle energie rinnovabili sia delle nuove forme di economia circolare. La profonda esperienza delle nostre aziende, e del nostro Paese in generale, nel settore della salvaguardia dell’ambiente ha permesso in questi 15 anni di formare più di 10 mila rappresentati del governo (tra cui l’attuale ministro cinese dell’ambiente), degli istituti di ricerca e dei settori privati all’interno di SICAB (Sino-Italian Capacity Building), il programma di Alta Formazione, promosso dal Ministero dell’Ambiente italiano ed avviato proprio in collaborazione con la Cina, uno dei paesi che fino a qualche decennio fa era fanalino di coda mondiale nella salvaguardia ambientale. La tutela del suolo e la gestione delle risorse idriche, il controllo e la riduzione dell’inquinamento atmosferico, la gestione dei rifiuti e lo sviluppo urbano sostenibile, sulle specifiche esigenze cinesi, il programma di alta formazione, dalla stesura del protocollo di Kyoto agli accordi di Parigi, hanno saputo adeguarsi ai cambiamenti del tempo e alle nuove sfide ambientali, in particolar modo quelle legate ai cambiamenti climatici in corso, ponendosi come uno strumento efficace nelle nuove politiche di salvaguardia ambientale.
Può stupire alcuni che un colosso come la Cina, dopo anni di crescita economica priva di qualunque attenzione alle ricadute ambientali, abbia deciso di investire 360 miliardi di dollari nelle energie rinnovabili entro il 2020, ed abbia scelto l’Italia come punto di riferimento d’eccellenza nella formazione dei vertici cinesi nel settore della sostenibilità. A maggio il presidente cinese Xi Jinping intervenendo ad una riunione di altissimo livello, che ha dato la linea sulla protezione dell’ambiente, aveva dichiarato guerra all’inquinamento affermando che: «La Cina condurrà una battaglia esemplare contro l’inquinamento e porterà civilizzazione ecologica a un nuovo livello». La Cina di domani promette, già da oggi, di dedicare maggiore energia alla promozione della civiltà ecologica e alla risoluzione dei problemi ambientali, obiettivi futuri che prescindono anche dall’Italia e dai valori e competenze che il governo e le aziende cinesi stanno portando nel loro Paese grazie a questa stretta collaborazione.
Il governo cinese si sta impegnando seriamente per ridurre l’impatto ambientale del settore industriale (da gennaio, ad esempio, sono state imposte tasse sulle sostanze inquinanti emesse dalle imprese chimiche); i funzionari governativi, inoltre, dispongono ora di un indice KPI ambientale introdotto dal governo centrale, con forti incentivi personali ad applicare normative che in passato potevano essere state trascurate a favore degli obiettivi di crescita. Il Paese ha preso in questi mesi anche l’importante decisione di non importare più rifiuti plastici a causa della loro lavorazione troppo inquinante, (scelta che porterà conseguenze per molti altri paesi industrializzati e che ha già generato una domanda incrementale di plastica non riciclata pari a circa il 3-4% della domanda globale). Il governo cinese sta, inoltre, compiendo sforzi sempre maggiori per affrontare anche l'inquinamento atmosferico, incoraggiando i consumatori a orientarsi verso percentuali più elevate di gas nel mix energetico, ancora dominato dal carbone (oltre il 60% del consumo di energia primaria del paese). Proprio giorni fa il Consiglio di Stato cinese ha pubblicato il cosiddetto «Piano d'azione triennale per la vittoria della battaglia in difesa del cielo azzurro» con l’obiettivo proprio di ridurre le emissioni totali dei principali inquinanti atmosferici e le emissioni di gas serra e le polveri sottili con diametro inferiore al PM2.5. E i risultati cominciano ad arrivare già oggi con una città come Pechino, ad esempio, che nel 2017 ha avuto una qualità migliore sia dell’aria sia dell’acqua, record rispetto all’ultimo decennio con la capitale cinese che ha conosciuto 226 giorni con l’aria pulita nel 2017, cioè 28 giorni in più rispetto all’anno precedente, diminuito , inoltre, il numero di giorni con un forte inquinamento, che è passato da 39 a 23.
La Cina ha intrapreso così un progressivo passaggio verso un'economia più incentrata sui consumi, ma che, rispetto al passato, presti allo stesso tempo una maggiore attenzione alle problematiche ambientali, con uno sguardo anche alle potenziali opportunità che questo scenario offre.
La scelta cinese di scegliere come partner principale l’Italia in questa lotta contro l’inquinamento non deve però affatto stupire, nel nostro Paese, infatti, ci sono tante eccellenze tecnologiche in questo campo, anche se, purtroppo, troppo spesso vengono riconosciute più all’estero che qui da noi (un dato importante a tal riguardo è proprio quello dell’export nei confronti della Cina che è cresciuto in questi anni del 30%). La stessa Ambienthesis, che rappresenta in Italia, uno dei principali operatori integrati nel settore delle bonifiche ambientali e della gestione dei rifiuti industriali, nonché nelle attività di ingegneria ambientale, è stata selezionata proprio dal Governo cinese tra le principali aziende ambientali europee ed invitata l’anno scorso alla “China International Environmental Protection Exhibition and Conference 2017” (CIEPEC 2017 - la Fiera internazionale di Pechino), per raccontare e condividere la propria esperienza, i propri valori e competenze e, inoltre, presentare le proprie tecnologie all’avanguardia nell’ambito del “soil washing” di fronte alle Autorita` del Ministero della Protezione ambientale cinese. Impianti innovativi che permettono di attuare interventi di risanamento del tipo “on site”, ossia presso le specifiche aree di cantiere, consentendo di limitare in modo sensibile l’impatto ambientale complessivo e di ridurre gli smaltimenti “off site”, ovvero fuori dal sito. Dopo l'Expo, i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell'Onu e l'accordo di Parigi, è cresciuta, così, la consapevolezza che l'Italia può offrire prodotti e tecnologie di qualità che rispondono a criteri sostenibili. Un’eccellenza che ci viene riconosciuta ormai in tutto il mondo. La nuova sfida è rappresentata ora dalla formazione: vecchie e nuove professioni possono ancora crescere affrontando infatti le nuove sfide della sostenibilità e della salvaguardia dell’ambiente. Il problema del sistema Italia è da sempre non l’assenza di know how, ma la capacità inadeguata di saperlo valorizzare su larga scala. Puntare sulla formazione potrebbe essere, a mio avviso, invece, proprio il mezzo migliore per avere risultati economici di ampio respiro, garantendo alle aziende italiane di potersi imporre con successo anche in un mercato enorme come quello cinese.