2245 Prof. Giovanni Bozzetti Articoli
10 luglio, 2018

Ocean Literacy: impariamo a valorizzare il mare come fonte di vita

Il prossimo 21 giugno prenderà il via l’esperimento mondiale “Ocean Sampling Day, che prevede simultaneamente, in tutto il mondo, la raccolta di campioni d’acqua in circa 200 siti negli oceani e nei mari, dalle coste del Pacifico, all’Atlantico e anche nel Mediterraneo (in Italia, saranno raccolti campioni nel Tirreno e nell’Adriatico, precisamente nel Golfo di Napoli e al largo di Ancona) per analizzare lo stato di salute dei nostri oceani ricercando inquinanti come sostanze chimiche e micro-plastiche e analizzando la biodiversità dei microrganismi marini, con metodi innovativi di sequenziamento genetico massivo di tutto il DNA presente nei campioni. Senza troppe aspettative già da oggi possiamo però farci un’idea, presumibilmente, dei risultati di tale ricerca. Ed i risultati non sono incoraggianti. L’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ci rivela che la concentrazione di micro-plastiche nel mar Mediterraneo è tra le più alte al mondo: 1,2 milioni per chilometro quadrato. Le micro-plastiche, infatti, sono state trovate in 121 specie di pesci, dato confermato, inoltre, da un altro studio condotto sui grandi pelagici, primo fra tutti il pescespada che rivela che il 18% degli esemplari analizzati aveva rifiuti plastici nel tratto gastrointestinale. Niente di cui stupirsi , purtroppo, dal momento che ogni giorno nel Mediterraneo finiscono 731 tonnellate di plastica, cifra che potrebbe più che raddoppiare entro il 2025, e di queste, 90 sono prodotte dall’Italia, che è il terzo paese più inquinante dell’area. Sui fondali così, in base ai dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) si troverebbero, in alcuni tratti, fino a 100mila pezzi di plastica per chilometro quadrato. Se continuiamo in questa direzione entro il 2050 la massa di plastica negli oceani supererà in peso quella di tutti i pesci che lo popolano.

Nel 2017 la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell'Unesco ha pubblicato il manuale “Ocean Literacy for All - A toolkit” dove sono riportati i cosiddetti "sette principi dell'Ocean Literacy", ovvero una pratica didattica ed educativa volta a spiegare le dinamiche marine e la loro importanza fondamentale nella vita di tutti noi. Secondo Francesca Santoro, autrice principale del documento, "purtroppo, nonostante il ruolo fondamentale dell'oceano e dei mari per il nostro pianeta, è ancora scarsa la conoscenza che ne abbiamo. Ecco perché i sette principi dell'Ocean Literacy sono uno strumento importante per la promozione di una maggiore diffusione di elementi fondamentali che riguardano il mare e i suoi processi, e possono essere considerati come l'ABC della conoscenza del mare”. Il nostro mar Mediterraneo è un ecosistema straordinario, dove la ricchezza di specie per area (circa 17mila specie differenti) è circa 10 volte superiore alla media mondiale, proprio per questo salvaguardarlo è un dovere di tutti noi, per la nostra generazione e per le prossime che arriveranno. In Italia, nonostante la presenza di numerose attività legate all'economia del mare e la storia strettamente correlata alla posizione centrale nel Mediterraneo, a mio avviso, manca ancora una vera e propria cultura dell'oceano. Fondamentale è invece che tutti, cittadini, imprenditori, politici, siano più consapevoli di quelle che sono sia le opportunità sia i rischi e i pericoli che minacciano la salute dell’oceano.

Ben venga, quindi, la ricorrenza dell’8 giugno in cui è stata celebrata la Giornata Mondiale degli Oceani, celebrazione doverosa dal momento che gli oceani non solo ricoprono oltre il 70% della superficie terrestre e ospitano l’80% della biodiversità mondiale producendo anche il 50% dell’ossigeno presente in atmosfera. Un intero ecosistema fondamentale per regolare il clima terrestre, depurare l’acqua e offrire cibo (le risorse ittiche, infatti, rappresentano una fonte alimentare e di reddito fondamentale per oltre 800 milioni di persone). Spesso, però, non siamo consapevoli, o ci dimentichiamo, del fatto che il nostro stile di vita e i prodotti che consumiamo ogni giorno possano essere fondamentali per l’impatto che hanno sull’acqua dei mari. Certamente bisogna agire a monte, lavorando sulla corretta gestione dei rifiuti e sull’educazione dei turisti, che spesso abbandonano la plastica in spiaggia. I bambini sono oggi i primi ecologisti della famiglia, hanno a cuore l'ambiente più di qualunque altra generazione precedente. Pochi consigli da seguire fin da piccoli, quindi, possono salvare l’eco-sistema del mare: come utilizzare creme solari che non inquinino, evitare sapone e shampoo se ci si lava in spiaggia, conservare l’immondizia anche se non ci sono appositi contenitori per poi buttarla e differenziarla solo dove si può. Tutto l’ambiente marino va preservato, dalla spiaggia, al mare, agli animali e alle piante che ci vivono.

È importante, però, anche fare qualcosa per pulire ciò che abbiamo già sporcato: ad esempio Greenpeace ha appena attivato Plastic Radar, un servizio ad hoc per coinvolgere i cittadini che vogliano segnalare i rifiuti in cui si imbattono con l’obiettivo di contare, valutare i materiali, riconoscere i marchi e inchiodare le aziende alle loro responsabilità rispetto ai temi ambientali, così da spingerle a ridurre l'impiego di imballaggi e contenitori in plastica non riciclabile. Un’altra iniziativa possibile ed auspicabile sarebbe quella del ritorno del “vuoto a rendere”, una pratica che in Italia è stata accantonata trent'anni fa e che "nella sola Germania ha permesso di ridurre in maniera considerevole i rifiuti di plastica e di vetro dispersi sul territorio (-80% per le bottiglie di Pet, -96% per la bottiglie di vetro)” ottimizzando la raccolta differenziata ed eliminando molti di quei rifiuti gettati distrattamente nei cassonetti dell’umido.

Mai come in questo caso possiamo dire che tante gocce fanno un oceano. Abbiamo la sostenibilità nel cuore. Ora, spetta a ognuno di noi accettare la sfida e tuffarsi a capofitto in quest’impresa ed è proprio vero: se le leggi cambiano non è soltanto perché è necessario, ma anche perché sono i cittadini a chiederlo. Ed evitare di abbandonare una busta di plastica in spiaggia non è un’azione priva di conseguenze, al contrario può salvare una vita. Dal mare dipendiamo completamente e sul mare incidiamo pesantemente con i nostri comportamenti. Esserne consapevoli è il primo passo per occuparcene con cura e incamminarci sulla strada che ci porterà alla soluzione di molti problemi.

Giovanni Bozzetti